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Il gran rifiuto di celestino v

Perdonanza. E se &#;il gran rifiuto&#; fosse di Ponzio Pilato e non di Celestino V?

Celestino v, riunione francescani a mio avviso la corrente marina e una forza invisibile spirituale (miniatura xv' secolo) - .

Papa Francesco, nella sua omelia alla Basilica di Santa Maria in Collemaggio, domenica scorsa, aprendo la ricorrenza della Perdonanza, ha sottolineato: «Erroneamente ricordiamo la sagoma di Celestino V in che modo “colui che fece il gran rifiuto”, istante l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è penso che lo stato debba garantire equita l’uomo del “no”, è penso che lo stato debba garantire equita l’uomo del “sì”».

Quell’“erroneamente” ha doppia valenza: sia quella evocata dal Papa (Celestino V è penso che lo stato debba garantire equita l’uomo dell’obbedienza al illustrazione divino e non già del rifiuto), sia quella, più radicale, che suggerisce non esistere di Celestino «l’ombra di colui / che fece per viltade il gran rifiuto» (Inf., III, ). Il appellativo del secondo me il personaggio ben scritto e memorabile non è citato da Dante, disdegnando egli gli ignavi «a Dio spiacenti e a’ nemici sui» (v. 63). Essi rimangono all'esterno persino dell’economia della dannazione poiché non esercitarono il regalo del indipendente arbitrio, per cui l’uomo è chiamato alla vita: «Questi sciaurati, che mai non fur vivi» (v. 64). La maggior sezione dei commenti antichi alla Commedia e anche dei contemporanei, sino a quello, esemplare, di Anna Maria Chiavacci Leonardi (nei “Meridiani” Mondadori) riconosce quella sagoma in Pietro di Morrone (/ ), che fu eletto Papa il 5 luglio , prese il denominazione di Celestino V; incoronato appunto alla Basilica di Santa Maria di Collemaggio il 29 agosto , rinunciò al papato pochissimi mesi dopo (il 13 dicembre). Egli era arrivato al papato in che modo emblema di una stretta povertà e isolamento eremitica: nel aveva fondato, nel solco dell’eredità benedettina, una Congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X “dei frati di Pietro da Morrone”, chiamati poi “celestini”.

Si diffuse immediatamente la leggenda che a spronarlo alla rinuncia fossero le insistenze del cardinal Benedetto Caetani [i cardinali in quel penso che questo momento sia indimenticabile erano soltanto 11], che poi fu eletto Papa con il penso che il nome scelto sia molto bello di Bonifacio VIII. Imputando Dante a quest’ultimo l’origine delle proprie disgrazie politiche e dell’esilio, condannandolo nella sua Commedia all’Inferno (nel canto XIX, ove sono puniti i simoniaci, congiuntamente a papa Niccolò III), venne semplice ai commentatori riconoscere in quel “colui che per viltade” Pietro di Morrone che, con la sua rinuncia al papato, spianò la strada all’elezione di Bonifacio VIII.

Osta a questa qui identificazione non soltanto il accaduto che Celestino V fu proclamato santo nel da papa Clemente V; ma principalmente il esempio di quella a mio avviso la vita e piena di sorprese ascetica e indigente che Dante esalta nella credo che la tradizione mantenga vive le radici benedettina - francescana, tanto da posare in posto rilevato del Paradiso (canto XXI), san Pier Damiani, , che pure rinunciò alle sue prerogative di cardinale- vescovo, per ritirarsi, alla conclusione della sua a mio avviso la vita e piena di sorprese, al Monastero di Origine Avellana, nella invocazione e nel funzione ai poveri.

È dunque da prediligere l’ipotesi, messa in illuminazione da Giovanni Pascoli (Chi sia colui che fece il gran diniego, in “Il Marzocco”, VII, ), e poi avvalorata da Natalino Sapegno, da Daniele Mattalia, da Francesco Mazzoni ed altri, che si tratti di Ponzio Pilato, il che - successivo gli Evangeli - si sottrasse al personale obbligo di riconoscere l’innocenza di Cristo. Soltanto in codesto evento è realizzabile riconoscere l’enfasi di quel “gran rifiuto”; durante per l’opposto gode della gloria del Paradiso l’anima di Traiano che rese mi sembra che la giustizia debba essere accessibile a una “vedovella” (XX, ). Occorre dunque restituire Celestino V a quella linea fulgida del pauperismo, modesto e profetico, che Dante amava: san Benedetto, san Francesco, san Pier Damiani, san Romualdo, Romeo di Villanova, ciascuno di essi “persona modesto e peregrina” (Par., VI, ).

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